Industria pugliese alle corde: “Oltre 2000 licenziamenti collettivi avviati”

“Sono circa 24mila i lavoratori pugliesi a rischio posto di lavoro nel settore industriale. Numeri da vera e propria bomba sociale che potrebbe esplodere in tempi anche piuttosto brevi senza le necessarie misure politiche, che però non accennano ad arrivare”.

Lo dichiara Andrea Toma, segretario regionale della Uil Puglia con delega all’industria, alla luce dei dati allarmanti su produzione e occupazione industriale nella nostra regione, che annuncia una “presenza massiccia della Uil Puglia allo sciopero del settore automotive in programma a Roma il prossimo 18 ottobre”. Settembre è infatti il 18esimo mese consecutivo con un calo della produzione industriale in Italia, dato fortemente condizionato dal settore automotive e che ha pesanti conseguenze sul sistema industriale pugliese “dove – sostiene Toma – insistono grandi player dell’automotive come Bosch, Marelli, Skf, Dana Graziano e Magna”.

“Basti pensare che solo in provincia di Bari l’automotive e il suo indotto occupano 8000 unità lavorative, che potrebbero registrare pesanti perdite a causa dell’assenza di una politica industriale chiara, che non va oltre una schizofrenica ricerca di una data per il famoso green deal oltre il 2035, invece di governare, come succede in altri Paesi, un processo che ora come ora è lasciato alla deriva delle dinamiche di mercato”.

Identica situazione in altri territori. “La situazione di Taranto e dell’ex Ilva è chiara a tutti, ma anche Brindisi è in profonda sofferenza, con la spada di Damocle di Cerano e di 2000 lavoratori potenzialmente a rischio in caso di chiusura del sito. Il tutto mentre viviamo il dramma della mancanza di risorse per gli ammortizzatori sociali, proprio in una regione che fa un uso enorme degli stessi: da giugno ad agosto 2024 sono state richieste 160 milioni di ore di cassa integrazione (+126% rispetto al 2023) e sono state inoltrate 82mila domande di Naspi. Senza dimenticare che, nonostante un’emergenza certificata dai numeri, la Regione Puglia continua a non dare notizie rispetto alle misure di formazione a sostegno dei lavoratori correlati alle vertenze”.

“Delle 53 vertenze attive in Puglia – ricorda Toma – la maggioranza appartiene al settore industriale ed è legata a doppio filo alla transizione energetica e alla decarbonizzazione, con licenziamenti collettivi già avviati che coinvolgono oltre 2000 lavoratori, il che rende ancor più inspiegabile l’immobilismo politico e istituzionale a livello nazionale e locale. La tendenza è evidente: sempre più aziende sono in fase di dismissione e anche le poche assunzioni che si fanno sono a tempo determinato e in somministrazione (solo il 7% delle assunzioni del 2023 sono a tempo indeterminato). E questa tendenza va invertita prima che sia troppo tardi, ma sia chiaro: i fondi Pnrr e Fsc da soli non basteranno se non saranno accompagnati da un modello industriale solido e lungimirante, che sia in grado di intercettare e governare la transizione in atto accompagnandola con una transizione sociale, per non disperdere il prezioso patrimonio occupazionale del settore”.

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