Disoccupazione: non basta più essere i primi tra gli ultimi

Ci sono 174mila disoccupati in Puglia nel 2022 (fonte Istat) pari al 12,3%. “Parliamo di 174mila persone che non hanno un reddito, non hanno prospettive di miglioramento delle loro condizioni di vita, non possono progettare il loro futuro, ma al più sopravvivono” denuncia il segretario organizzativo della Uil e commissario straordinario della Uil Puglia, Emanuele Ronzoni.

Sono valori allarmanti se si confrontano con il resto del Paese, dove la media è 8,2% quella del Nord 5,1%, 7,1% per il centro Italia e 14,6% per il sud.

“Senza una politica del lavoro che coinvolga tutti gli attori del territorio il rischio è di veder crescere questi dati, disperdendo quel patrimonio di professionalità che la Puglia ha, ma che deve essere pronto a riqualificarsi per essere pronto ad affrontare la transizione ecologica ed energetica. Il mondo del lavoro deve essere accompagnato verso le nuove sfide che ridisegneranno il futuro economico e sociale di tutto il territorio” continua il segretario.

Non basta più essere i primi tra gli ultimi, la Puglia deve crescere e per farlo servono politiche attive del lavoro. Contributi e finanziamenti alle imprese senza una politica industriale che coinvolga il futuro dei lavoratori e un vincolo a una programmazione a lungo termine sul territorio, non ha senso. La platea dei disoccupati è troppo ampia per non destare preoccupazione. Bari, con il suo 9,3% fa da traino all’intera regione, mitigando i dati complessivi, ma esistono interi territori che vivono una situazione drammatica, come il foggiano dove la disoccupazione raggiunge il picco del 16,9%. I miglioramenti rispetto al passato non possono distogliere l’attenzione da ciò che non viene fatto e non è più rimandabile. L’ingresso dei più giovani nel mondo del lavoro sconta una mancata programmazione politica in questa direzione, un giovane su tre in Puglia è disoccupato (32%) quasi quattro volte rispetto ai loro coetanei del nord Italia 8,9%. Lavorare tutti per lavorare meno e meglio, ripensando i tempi vita-lavoro, coinvolgendo nel mondo del lavoro la platea più ampia possibile. É questa la via per ridurre le disuguaglianze sociali e per far ripartire l’economia. Un’economia sana è un’economia dove potenzialmente, ogni cittadino ha una sua autonomia reddituale. Redistribuire la ricchezza significa anche questo, ben vengano le misure di sostegno al reddito, ma da sole non bastano. Oltre alle richieste che da tempo portiamo avanti come la detassazione degli aumenti contrattuali, la riduzione del cuneo fiscale e la riduzione delle ore lavorative, c’è anche il maggior coinvolgimento possibile nel mondo del lavoro. La Regione può intervenire in questa direzione cercando di attrarre quelle 269mila persone ritenute forza lavoro potenziale che pur disponibili a lavorare ad oggi non fanno nulla” conclude Ronzoni.

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