Crisi industriali di Bari, nessuna risposta: UIL in piazza il 18 maggio

“Dal tavolo convocato dall’Asi, atteso per settimane dopo pressanti quanto inutili sollecitazioni, non sono arrivate risposte concrete, né un’idea chiara sul futuro della zona industriale di Bari. Siamo alle porte di un momento di svolta per l’industria del territorio, con la transizione energetica in atto e la spesa del fondi del Pnrr che incombe, ma evidentemente per la politica e per le istituzioni locali e regionali oltre 20 vertenze industriali (la metà del totale regionale) e più di 10mila persone a rischio di perdere il posto di lavoro, per giunta con tanti ammortizzatori sociali in scadenza, non rappresentano una priorità, mentre per noi si tratta di un’emergenza gravissima, da affrontare subito con la massima concretezza e nel segno della massima condivisione con le parti sociali. Per cominciare, abbiamo proposto di convertire la provincia di Bari in area di crisi industriale complessa e prevedere l’area industriale di Modugno come area Zes, ma in cambio abbiamo ricevuto silenzi e rimpalli di responsabilità. Ecco perché, d’accordo con i lavoratori, il 18 maggio scenderemo in piazza con le categorie del settore industriale, davanti alla sede della presidenza della Regione Puglia, per far sentire forte e chiara la voce del Paese reale, che è stanco di promesse non mantenute e di pagare lo scotto della crisi”.
Lo dichiara Emanuele Ronzoni, segretario nazionale organizzativo e commissario straordinario della UIL di Puglia, a margine dell’incontro tenutosi in Asi con le organizzazioni sindacali.
“Quel che più preoccupa, è la totale assenza di visione e di programmazione – incalza Ronzoni – da parte di una istituzione che invece dovrebbe assumersi la responsabilità di rilanciare una delle zone industriali con più potenzialità del Mezzogiorno, specie in una fase storica come l’attuale, con una disponibilità economica senza precedenti, a cominciare dalle risorse del Pnrr. Invece la zona industriale è afflitta da un continuo contagio di crisi che sta coinvolgendo anche grosse realtà, con la concreta possibilità che produzioni importanti siano trasferite altrove e migliaia di posti di lavoro vadano in fumo, trascinando con sé anche l’indotto. Una prospettiva che va scongiurata con ogni mezzo e il modo di affrontarla non può essere di certo quello dei bonus a pioggia. Servono interventi strutturali per rendere il territorio attrattivo per nuovi investimenti e per la valorizzazione del sistema produttivo e occupazionale esistente. Occorrono politiche attive del lavoro, finora assenti e strumenti più incisivi. Serve, insomma, un cambio di marcia che non può più attendere”.