Boom della cassa integrazione in Puglia

Ci sono quasi 40mila lavoratori in Puglia che rischiano di rimanere senza lavoro e aggrappati al filo dello strumento della cassa integrazione. Parliamo di 13.100 lavoratori dell’ex Ilva ai quali si aggiungono 22.500 ricompresi in tutte le crisi aziendali aperte nella regione.
“Se non dovesse esserci una riforma degli ammortizzatori sociali tutte queste persone sono potenzialmente futuri disoccupati, lo dimostrano anche i dati relativi alla cassa integrazione in deroga che è ormai agli sgoccioli. Sono state attivate 46.694 ore nel bimestre gennaio-febbraio 2024 (-35,95% rispetto allo scorso anno). Sono finiti i fondi e difficilmente per questi lavoratori ci sarà un lieto fine” spiegano Gianni Ricci ed Andrea Toma, segretario generale della Uil Puglia e segretario Uil Puglia alla Gazzetta del Mezzogiorno.


Solo nel mese di gennaio di quest’anno sono state presentate 14.262 richieste di disoccupazione pari quasi ad un decimo di tutte le domande presentate nel 2023 (158.963). La situazione è esplosiva ed è sotto gli occhi di tutti.
“La Puglia da sola in questi primi due mesi dell’anno rappresenta quasi il 20% di tutte le domande di disoccupazione del Meridione e il 7,3% di quelle dell’intero Paese. Si è innescata una spirale che difficilmente potrà essere fermata se non cambia qualcosa. Ad esempio, non esistono ammortizzatori sociali relativi alla transizione ecologica, questo significa che i numeri, così come stanno le cose, sono destinati ad aumentare”.
In Puglia a febbraio 2024 sono state effettuate già 2.218.984 ore di cassa integrazione ordinaria e 9.089.924 di cassa integrazione straordinaria, con un aumento rispetto all’analogo periodo dello scorso anno del 359,75%.


“La notevole differenza tra cassa ordinaria e straordinaria dimostra come sempre più aziende, anche grandi aziende del territorio siano al capolinea o comunque in una fase di crisi avanzatissima, dopo la straordinaria non c’è nulla se non il licenziamento. Parliamo di lavoratori che vivono in una situazione di stallo, sapendo già che al termine dei 24 mesi di cassa integrazione difficilmente manterranno il posto di lavoro. Inoltre, nel limbo della cassa integrazione, comunque percepiscono salari più bassi. Questo significa che la povertà relativa in Puglia è destinata ad aumentare. Inoltre, ricordiamo che i salari nella nostra regione sono già tra i più bassi d’Italia. In tutte le province pugliesi le retribuzioni medie lorde sono ben al di sotto della media nazionale, che sfiora i 22mila euro lordi, passando dai 13mila di Lecce ai 16mila di Bari e sono la metà di quanto guadagna un lavoratore a Milano (oltre 31mila euro)” spiegano i due segretari.


Le imprese in Puglia come nel resto del Paese stanno cercando di reggere ad una quinta onda d’urto in 15 anni. Dalla recessione del 2008-2009, la crisi dei debiti sovrani 2012-13, la pandemia 2020-2021 e la guerra in Ucraina 2022 e ora il conflitto israelo-palestinese che si sta allargando a macchia d’olio e i cui effetti stanno iniziando a vedersi anche in Puglia. I settori che più di altri stanno subendo la crisi sono quelli tradizionali: raffinazione del petrolio (-38,3 per cento); legno e carta (-25,1 per cento); chimica (-23,5 per cento); apparecchiature elettriche (-23,2 per cento); energia elettrica/gas (-22,1 per cento); mobili (-15,5 per cento) e metallurgia (-12,5 per cento).


“Tutto questo ci è ben chiaro da anni. L’Unione europea ha dedicato alla transizione ecologica una intera missione del Pnrr che vale 59,46 miliardi. Non possiamo aspettare che le industrie chiudano prima di preoccuparci del futuro delle lavoratrici e dei lavoratori. Dobbiamo accompagnarli ora verso il cambiamento, non solo ripensando il sistema della cassa integrazione, ma con investimenti seri e lungimiranti in formazione e politiche attive del lavoro” concludono Ricci e Toma.

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