Palombella: “Nessuna strumentalizzazione sull’Ilva, serve una politica industriale”

È legittimo per i lavoratori della più grande acciaieria d’Europa conoscere che direzione intraprenderà il loro futuro?

È legittimo chiedere al Governo nazionale di prendere una posizione, di indicare chiaramente quale sarà la politica industriale che vorrà intraprendere?

Da troppo tempo i lavoratori dell’ex Ilva navigano a vista. Senza alcuna prospettiva certa.

Ri-costruiamo il futuro adesso è l’iniziativa nata in seno alla Uilm che a Taranto, a pochi passi dall’acciaieria, ha riunito i vertici nazionali del sindacato per discutere del futuro della Puglia e quindi di salari, pensioni, prospettive occupazionali e giustizia sociale ed economica per il rilancio di tutto il territorio regionale.

La strumentalizzazione dell’Ilva non è una novità, è un gioco al massacro al quale i lavoratori sono abituati, ma che non può continuare “la politica non deve essere divisiva, deve unire. Noi abbiamo difeso i posti di lavoro e l’ambiente perché le due cose possono e devono andare di pari passo. Noi viviamo questa contraddizione, non possiamo vedere da un lato che vengono elargite risorse e dall’altro che non siano individuate responsabilità. Il rischio è che siano risorse perse”.

Manca una politica industriale a livello nazionale – lo dice Rocco Palombella, segretario generale UILM – che indichi la via, che spieghi ai lavoratori dell’Ilva “come questo Paese intende fare la transizione ecologica. Se ci sarà una continuità nella produzione o meno”. Palombella torna sulla questione cassa integrazione ribadendo il no del sindacato “noi non ne saremo corresponsabili. La cassa integrazione ha senso solo se si pensa in futuro di aumentare la capacità produttiva” ma il Governo non dà risposte “siamo qui a chiedere al ministro Aldolfo Urso in che direzione vogliono andare”. Una direzione chiara al sindacato che deve passare per i lavoratori, “come i 2.500 impiegati nel terziario che sono in cassa integrazione e i 1.500 che non votano e sono pure loro in cassa integrazione, ma che non possiamo dimenticare”. Sul futuro dell’Ilva si gioca la partita non solo dei lavoratori di una fabbrica, ma di tutto il suo indotto, di un territorio, dell’intero Paese e di quelle aziende che senza l’acciaio prodotto a Taranto sarebbero costrette a fermarsi.

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